Campionato Racer: la storia
Ah, i Racer... mitico modello di motoscafo, altresì conosciuto come "tre punti", che si porta dietro leggenda e spettacolarità. Per ogni appassionato di motonautica, questi bolidi anni Cinquanta, rappresentano una pagina indelebile. Una storia fatta di innovazione, piloti strabici, copiature notturne e scetticismo. Il valore tecnico di queste barche è indiscutibile. Come si sa, prima che nascessero i catamarani, la conquista della massima velocità sull'acqua si ottenne con il famoso "tre punti", che come dice il termine, tocca la superficie liquida solo in tre punti, vincendo in modo decisivo la resistenza dell'acqua.
Con il "tre punti" si ribaltò l'antico concetto dei racers monocarena a portanza idrodinamica, applicando il concetto dell'aerodinamicità. Lo scafo non poggia più tutto sull'acqua, ma solo in punti minimi, per via di due galleggianti laterali, i cosiddetti scarponi, che partono dalla prua e si troncano circa a metà barca. Per questo tipo di scafo i problemi idrodinamici sono minimi, perchè minimo è l'attrito dello scafo con l'acqua. Unico aspetto negativo è che questa imbarcazione, a differenza del catamarano, in curva deve ridurre notevolmente la velocità per non andare in testa-coda e capovolgersi.
La barca si porta dietro una storia curiosa, che ebbe luogo proprio qui, sul nostro lago.
Il tre punti infatti venne "copiato" in una notte del 1949 da una delle tre barche statunitensi portate in Italia per gareggiare da Robert Boogie, il pilota quarantenne di Los Angeles, tranquillo, educato e leggermente strabico, Richmond Luby e William Rust, che vennero a gareggiare in Italia, a Trieste, Campione d'Italia e Lecco. Le prime due gare furono un fiasco per via della benzina non adatta alla barca di Boogie, che correva con un tre punti entrobordo Campbel motorizzato Ford 8V di circa 4 litri di cilindrata. Ma l'1 e 2 ottobre 1949 a Lecco mise in fila tutti. La M.I.La., Motonautica Italiana Lario, in quell'anno, oltre a Campione d'Italia, aveva messo a disposizione la sua organizzazione per impiantare le gare motonautiche anche a Lecco. La barca di Boogie aveva qualcosa in più. Solo con 200 cavalli da spremere, volò letteralmente sull'acqua, segnando la media di 96 km/h, con il giro più veloce a 99.780 km/h. Achille Castoldi, con il suo scafo a redan che pesava un quintale in meno di quello dell'americano e con circa 330 cavalli, rimase con un palmo di naso. Applausi, premi e complimenti al vincitore nel gran galà della sera alla M.I.La.
Nottetempo, però, quando tutti dormivano, qualcuno si introdusse furtivamente nel famoso Cantiere Lariano, sotto lo Stadio Sinigaglia, dove il "Blitz III" di Bob Boogie era ricoverato. Chi fosse stato ad introdursi di soppiatto al buio con foglio e matita in mano non si è mai saputo. Non solo: Eugenio Molinari, allora quattordicenne apprendista dello zio Angelo, racconta che rimase ignota anche la mano che, pari pari, trafugò una scatola di candele speciali "made in USA" (di inestimabile valore per noi in quegli anni!). Da quel momento i cantieri lariani iniziarono a costruire "tre punti" vincenti. Guido Abbate nel 1951 realizzò il mitico Moschettiere di Ezio Selva, che con un motore BPM di 2800 cc., che erogava al massimo 220 cavalli, batteva il primato di velocità ad oltre 168 km/h. Costruì anche il tre punti con il quale Mario Verga, il 15 febbraio 1953, a Campione d'Italia battè il record mondiale di velocità a 226,495 km/h, con un passaggio a 240 km/h.
L'epopea del "tre punti" continuò fino agli anni '60, all'inizio dei quali nacque il catamarano e alla fine arrivò la plastica a soppiantare il legno. Angelo Molinari costruì il primo catamarano nel 1958 per l'amico Luciano Cappellini, il papà di Guido. Renato Molinari e sulla sponda opposta, a Faggeto Lario il cugino Cesarino Scotti perfezionarono la serie. Ormai la plastica prendeva il sopravvento, così Molinari e Scotti abbandonarono il legno. Solo gli Abbate resistettero ancora per qualche anno alla plastica, finchè dovettero poi adeguarsi ed iniziare a produrre barche da record a propulsione diesel. Ma questa è un'altra storia...